
Dal 6 febbraio al 19 aprile, la sua prima retrospettiva al
MACBA, nella città catalana che ancora poco lo conosceva. 300 opere.
Biennale di Venezia.
Bayrle Thomas? Presente. Anche qui.
A più di quarant'anni dalla rande personale alla
Galleria Apollinaire, Bayrle reinterpreta, con una monumentale installazione alla
Cardi Black Box, arrivata alla sua quinta mostra dal'apertura.
Nato nella
Berlino del 1937, assieme a Sigmar Polke e
Gerhard Richter, sono i fondatori del movimento
Pop macht in Deutschland.

Bayrle fa storia con la storia, con il restyling dell'installazione della sua prima volta a Milano, proseguendo la sua riflessione sul rapporto tra
consumismo e massa, particolare e interezza, percezione e realtà.
Un'esplosione di
carta da parati ricopre interamente le pareti della galleria, reiterando il pattern claustrofobico di oggetti della quotidianità massificata. Serigrafie e macchinine completano il tutto. Vedere per credere.
La pornografia, la cibernetica e la quotidianità sono gli elementi base di quelle opere facilmente definibili come
sineddoche figurativa.
Quest’uso del dettaglio che in opposizione al tutto, ne diventa parte creativa sembra richiamare la subalternità dell’uomo moderno alla quotidianità, allo Stato, al costume comune, alle ecologie urbane.
“Fin dall'inizio, mi sono sempre sentito come una componente, un dettaglio, un
puntino all'interno di un'immensa griglia. Un puntino che, da un lato, può essere riconosciuto come una “totalità in piccola scala”. Dall'altro, rappresenta un minuscolo elemento di una più grande “super totalità”.
T.B.

“Tra il 1957 e il 1958 feci un apprendistato in una
fabbrica tessile, quindi ne sapevo di produzione industriale. A me la produzione industriale sembrava una gigantesca rete, composta di processi programmati in simultanea che correvano su frenetiche catene di montaggio. A metà anni Sessanta il mondo dei macchinari nella sua totalità rappresentava già in un certo modo una
super matrice, ben oltre le nostre società occidentali. Senza ombra di dubbio pareva che credessimo in una catena infinita di prodotti... disponibili giorno e notte. Percepivo anche che la
produzione industriale fosse un qualcosa di fondamentalmente positivo, mi sembrava in uno stadio “
anfibolico” tra bombardamento e fascinazione. Veniva visto raramente in modo critico, come invece accadde qualche anno più tardi – o adesso”.
T.B.

Originale riflesso di una
società meccanica, pre-indirizzata, riprodotta all’infinito, alla totale perdita di sé, Bayrle coglie l’essenza, il file rouge che lega il capitalismo al consumismo, all’arte.
“Per spiegarlo attraverso gli
impermeabili: nel 1967, la produzione di massa era già sovrapproduzione in molti campi. Questo era lampante. I muri, i pavimenti, perfino le strade erano già pieni, coperti completamente di immagini, prodotti, gente, automobili, tutto. Per me questo stato di cose era come il morbillo o la scarlattina che proliferavano sulla “pelle pubblica”. Così mi è sembrato logico incorporare anche i vestiti della gente”.
T.B.

Come
Guido Le Noci, a distanza di 40 anni, ancora si rimane stupiti del geniale frutto che, l’ideale di “
produzione” presente nell’artista, offre: una serie di impermeabili d’autore per tutte le tasche (o quasi). Da un minimo di 350 € a una limited edition firmata alla modica cifra di 5.000€.
Qui, il dubbio se sia arte o consumismo d’autore cresce; ma che ci si vuole fare:
è il mercato bellezza!
Lasciandosi trasportare sulle autostrade, sul nastro trasportatore che corre all’infinito, questa mostra, è il fiore all’occhiello del rapporto tra Milano e l’universo
seriale e
serializzato di Bayrle. Un universo psichedelico dove all’osservatore è concesso perdersi tra un uomo fatto di camicie e una donna da 1857 tazzine.
30 ottobre 2009 - 23 dicembre 2009
Cardi Black Box